Presidente, l’Italia sta approntando il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, per modernizzare il Paese grazie alle risorse finanziarie di Next Generation EU (750 miliardi di euro in totale). Potremmo finalmente essere di fronte alla tanto attesa transizione ecologica del Green Deal. Che ruolo gioca il settore dei Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche in questa rivoluzione green?
Il piano della Commissione Europea per combattere il cambiamento climatico comprende una serie di misure volte a rendere meno impattanti sull’ambiente le nostre abitudini e il modo in cui produciamo energia promuovendo un uso più efficiente delle risorse e un modello economico circolare. Siamo certamente di fronte a una nuova, imminente transizione e l’approccio collaborativo, la capacità di progettare modelli innovativi e gli investimenti in tecnologia rappresentano i pilastri da cui partire per costruire una società sostenibile sia a livello economico che ambientale. E una società capace di combinare queste esigenze è una società che prospera. Una società di cui abbiamo bisogno, ancor più adesso. La pandemia da COVID 19 ci ha obbligati a metterci in discussione e con noi il nostro stile di vita: lo sfruttamento che finora abbiamo fatto della natura e delle risorse a nostra disposizione, quanto ancora sarà sostenibile? Quanto è sostenibile il nostro modo di fare business? Qual è il mondo che lasceremo alle generazioni future, ai nostri figli? Mi piacerebbe poter dire che non abbiamo colpe, che come esseri umani che finora hanno popolato il Pianeta non abbiamo responsabilità. Ma non sarei onesto. Possiamo però provare a rimediare, dobbiamo farlo utilizzando tutti gli strumenti a nostra disposizione e impegnarci per crearne di nuovi. L’abbandono del modello economico lineare (take-make-dispose) per uno basato sull’economia circolare è il primo passo da compiere; anche su questo campo si gioca la transizione ecologica e in quest’ottica il ruolo del riciclo è fondamentale. Come addetti ai lavori sappiamo da tempo che non possiamo immaginare il rifiuto come tale, ma dobbiamo trattarlo per quello che è: una risorsa. Rispetto al totale dei rifiuti, i RAEE rappresentano una piccola percentuale, ma con l’avanzare della tecnologia crescerà di conseguenza anche il quantitativo dei rifiuti derivanti dai prodotti elettrici ed elettronici. Il Global E-Waste Monitor delle Nazioni Unite ha calcolato che a livello globale nel 2019 sono state generate 53,6 milioni di tonnellate (Mt) di rifiuti elettronici, una cifra incredibile, che ha registrato un incremento del 21% in soli cinque anni. In più, se si pensa che solo il 17,4% di quei milioni di tonnellate è stato raccolto e riciclato in modo corretto, si ha un quadro di massima di ciò che ancora dev’essere fatto. L’Europa è il continente più attento ai processi di trattamento di questi rifiuti per recuperare Materie Prime Seconde, ma mancano ancora strategie in grado di aumentare i target di raccolta e tecnologie all’avanguardia per il recupero delle materie prime seconde più importanti, i cosiddetti Critical Raw Materials. Per ritornare alla domanda iniziale, credo che il ruolo del nostro settore sia molto importante per la transizione ecologica a patto che vengano fatti investimenti per potenziare sinergicamente l’intera filiera, completando le infrastrutture di raccolta, migliorando la logistica, creando gli impianti di secondo livello. Mi piace citare l’esempio del programma Exceed, lanciato da Erion, la cui logica è proprio questa: raccogliere RAEE Professionali in modo proattivo; una filosofia che dovrebbe muovere tutto il Paese e gli addetti ai lavori. È una sfida da vincere per avere una vera transizione ecologica.
Ha parlato di incremento dei rifiuti elettronici a livello globale. Solo in Europa i RAEE rappresentano uno dei flussi di rifiuti a più veloce crescita, con un tasso annuale del 2%. Siamo pronti a gestire in modo corretto questa enorme quantità di E-waste?
Come dicevo precedentemente c’è molto da fare a livello di potenziamento delle strutture. Il PNRR prevede già nella Missione 2 la “realizzazione di nuovi impianti e ammodernamento degli impianti esistenti per il riciclo e la chiusura del ciclo dei rifiuti con la produzione di materie prime secondarie”. Se dalla teoria passassimo ad azioni concrete sul territorio avremmo buone chances di riuscire a raccogliere, trattare e rimettere in circolo quantità sempre maggiori di materia. Dobbiamo però anche essere realistici. La cosa non è semplice e non lo sarà. Le ragioni sono molte e differenti. Basti pensare che in Italia siamo di fronte a un sistema che viaggia a diverse velocità (come illustrato dal Rapporto annuale 2020 del CdC RAEE), con performance migliori al Nord (10 kg pro-capite in Valle d’Aosta) che vanno via via calando dal Centro al Sud (3 kg pro-capite in Campania). La non capillare distribuzione dei centri di raccolta comunali è oggettiva, così come la presenza di flussi paralleli di rifiuti e di pratiche di smaltimento illegale. Questi problemi, ai quali si aggiungono le lacune in termini di informazione e sensibilizzazione dei cittadini, pongono l’Italia ancora distante dal target UE del 65% di quanto immesso sul mercato. C’è molto da fare, e sarà necessario mettere in atto soluzioni innovative e concrete. Non basta immaginare di fare, occorre iniziare a fare. In questo senso, mi trovo assolutamente d’accordo con le parole della giovane attivista Greta Thunberg: “Abbiamo bisogno di speranza, ovviamente. Ma ancora più che sperare, abbiamo bisogno di agire. Quando iniziamo ad agire, la speranza è dappertutto.” Se parliamo di azione poi, non posso non ricordare che la gerarchia europea dei rifiuti ci impone di lavorare prima di ogni altra cosa sulla prevenzione degli stessi. Per questo motivo, prima ancora di domandarci se siamo pronti a gestire l’aumento dei RAEE dobbiamo chiederci se saremo in grado di prevenirne la generazione, con azioni virtuose come l’allungamento della vita dei prodotti, la preparazione al riutilizzo, l’ecodesign, il re-manufacturing e così via. Per una vera transizione all’economia circolare non si può pensare di agire a compartimenti stagni, ma occorre fare sistema e prendersi cura del prodotto dalla fase di progettazione a quella del suo riciclo in nuova materia.
Lei ha citato uno degli obiettivi indicati dell’Europa per prevenire la quantità di rifiuti elettronici: allungare la vita dei prodotti da cui derivano, nonché aumentarne la riparabilità, il riuso e il riciclo. Ci sono anche altri traguardi?
Se riuscissimo già solo a far diventare realtà queste tre “R”, saremmo a un punto molto buono sia sulla strada della prevenzione dei rifiuti elettronici che su quella del recupero fisico ed economico delle materie di produzione. Sempre l’ONU ha calcolato che a livello globale, nel 2019, il mancato riciclo di materiali come oro, argento, rame, platino e altri materiali recuperabili di alto valore provenienti dai RAEE, ha fatto perdere 57 miliardi di dollari. Sono risorse che continuiamo a sottrarre al Pianeta e che, invece, potrebbero essere riciclate dai Rifiuti Elettrici. Contrariamente a quanto accade in altri Paesi europei, in Italia è ancora quasi inesistente il re-manufacturing, cioè il ricondizionamento sia di prodotti usati che di RAEE: ampliare questa attività e sviluppare la propensione all’acquisto di questo genere di beni darebbe una grossa spinta all’economia circolare. Infine, credo che sia necessario tenere alto l’impegno nel campo della Ricerca e dell’Innovazione, comparto fondamentale per lo sviluppo di soluzioni all’avanguardia: dall’ecodesign dei prodotti ai processi “green” per crearli. Erion ha una divisione Progetti & Innovazione, che abbiamo voluto appositamente per questo scopo: a mio avviso è un plus non indifferente, perché sfrutta la competenza tecnica di esperti nella gestione dei RAEE per supportare le aziende nella progettazione di AEE più sostenibili.
Gli ultimi dati Eurostat, riportati dal Terzo Rapporto sull’Economia Circolare in Italia, ci dicono che a fronte di 8,7 Mt di AEE immesse al consumo nel 2018 all’interno dell’UE27, ne sono state raccolte 3,9 Mt, con un tasso di avvio al riciclo del 40%. Quali sono, secondo Lei, le motivazioni dietro a numeri così bassi?
Sono quelle che noi Produttori – parlo come Presidente di Erion WEEE ma anche come Head of Service – South Europe – Panasonic Customer Service Europe, – e addetti al settore denunciamo da sempre e che ancora pesano sulla filiera nazionale. In primo luogo, c’è l’intercettazione dei rifiuti elettronici da parte di soggetti esterni al sistema ufficiale, che ogni anno causa enormi perdite di materiali che potrebbero essere avviati a corretto riciclo. Per intenderci, parliamo di persone che dai RAEE cercano di ricavare solo le materie prime seconde più facilmente “accessibili”, senza curarsi delle conseguenze ambientali della propria attività. Un crimine ambientale vero e proprio che attori come Erion contrastano quotidianamente, assicurando un trattamento di qualità per ogni RAEE gestito. È un servizio che facciamo per l’ambiente e per il cittadino e che chiediamo di poter continuare a fare all’interno di un quadro normativo più rigoroso, con controlli efficaci e sanzioni esemplari. C’è poi un fenomeno ancora più drammatico: l’esportazione illegale dei rifiuti elettronici dall’Occidente industrializzato verso i Paesi “emergenti”, che sono ormai diventati la nostra discarica a cielo aperto. Penso, per fare un esempio, a quella di Agbogbloshie, in Ghana, dove ogni anno arrivano dagli Stati Uniti, dal Canada, dall’Australia e dall’Europa circa 40.000 tonnellate di E-Waste: rifiuti che noi potremmo riciclare in modo corretto, e che per loro diventano una bomba ambientale. Questa esportazione illegale provoca una scandalosa violazione dei diritti umani e allo stesso tempo allontana il nostro Paese dal raggiungimento dei target di raccolta europei. Anche per questo Erion ha deciso di aderire al Twinning Programme del WEEE Forum: da gennaio siamo gemellati con Epron, il più importante sistema EPR della Nigeria, con il quale collaboreremo per la creazione di un sistema efficiente di raccolta e trattamento dei RAEE nel Paese africano.
Nel primo trimestre del 2021 Erion WEEE ha gestito una quantità di RAEE superiore del 18% a quella dello stesso periodo 2020. Si può parlare di ripresa della normalità del servizio rispetto all’emergenza sanitaria?
Nel mese di marzo dello scorso anno il primo lockdown ha fatto crollare le quantità di RAEE gestiti, soprattutto a causa della chiusura al pubblico delle isole ecologiche, che invece sono regolarmente aperte in questo inizio del 2021. In prospettiva posso immaginare che tra qualche mese, quando saremo tornati a un livello “normale” di vita e di lavoro, i flussi di RAEE aumenteranno ancora. Noi di Erion siamo pronti a raccogliere la sfida.