Quanto il riciclo dei pannelli fotovoltaici sia uno degli aspetti centrali e finora sottovalutati è un tema sui cui si comincia a discutere con una certa apprensione da alcuni anni: già nel 2016, ad esempio, la produzione globale di pannelli solari aveva generato 250.000 tonnellate di rifiuti. Destinati a raggiungere, secondo le previsioni più accreditate, 8 milioni di tonnellate entro il 2030 e 78 milioni entro il 2050. Come sono state già individuate le barriere da superare: la mancanza di impianti sufficienti per gestire la mole di lavoro e la necessità di tecnologie più efficienti e soprattutto meno costose, perché il riciclo non è ancora conveniente.
Insomma, aspetto tecnologico ed economico vanno di pari passo e si gioca qui la possibilità che una nazione investita dalla transizione ecologica sarà capace di farsi trovare pronta quando arriverà il momento di riciclare i pannelli solari. Un quadro dettagliato su quali siano le tecnologie al momento disponibili e i loro limiti, quelle in fase di sviluppo con maggiori potenzialità e quali siano le opportunità economiche del riciclo è stato fatto da due ricercatori della School of Built Environment dell’Università di Reading, nel Regno Unito. Per realizzare lo studio sono state analizzate ben 470 pubblicazioni scientifiche sul tema.
Il processo del riciclo: quali sono le fasi principali
Il primo aspetto che emerge, sono appunto le sfide tecnologiche legate al riciclo dei pannelli fotovoltaici. Innanzitutto, il processo di riciclo è complesso a causa della loro composizione eterogenea. Peraltro i materiali sono incapsulati in strati compatti complicati da separare e questo, come se non bastasse, determina un aumento esponenziale dei costi. La prima fase, perciò, è quella del disassemblaggio: la separazione fisica, fatta manualmente dagli operai o in maniera automatizzata, dei vari componenti del pannello, presenti nella scatola di giunzione, nel telaio in alluminio e nei cavi. Segue la fase di delaminazione, il processo di separazione degli strati del pannello fotovoltaico vero e proprio, per recuperare materiali preziosi come silicio, vetro e metalli. Può avvenire tramite metodi meccanici, termici o chimici.
La delaminazione meccanica consiste nella frantumazione del pannello e la separazione dei materiali con setacci o separatori elettromagnetici: è una tecnica economica, ma può compromettere la purezza del silicio. Il metodo termico utilizza alte temperature (tra 450 e 600°C) per vaporizzare l’etilene vinil acetato (EVA – lo strato incapsulante che protegge le celle fotovoltaiche) con la pirolisi che, in assenza di ossigeno, evita emissioni tossiche, ma purtroppo è un processo ad alto consumo energetico. La delaminazione chimica impiega solventi organici o acidi per sciogliere lo strato incapsulante e facilitare il recupero dei metalli preziosi, con tecniche come la lisciviazione acida, l’elettro-riciclo e la separazione magnetica. Sebbene garantisca un’alta selettività, vanno considerati i rischi legati all’uso di sostanze pericolose.
di Tiziano Rugi
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